PNRR

Un Recovery Plan che dà i numeri: quale #NextGenerationEU per l’Italia?

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Dopo tanta attesa, e molti timori in tal senso, arriva alla fine l’ultima versione del Recovery Plan nazionale approvato dal Consiglio dei Ministri.

Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), infatti, o  #NextGenerationItalia, cambia di nuovo i totali (da 196 a 223 a 310 miliardi complessivi, nel giro di poche settimane) rispetto alle precedenti bozze. Pochi numeri, troppe parole.

Soprattutto, i numeri appaiono poco coerenti tra loro e con i fondi (e relative tipologie) assegnati da Bruxelles all’Italia. E non ci sono progetti operativi di dettaglio, ma l’enunciazione e l’elenco di una serie di “capitoli” di spesa aggregati per le 6 macro aree corrispondenti alle linee guida dell’Unione Europea; non ci sono le ricadute in termini di crescita e di sviluppo; né si chiarisce quale sia il sistema di amministrazione monitoraggio e controllo dell’utilizzo dei fondi; il ruolo delle Regioni non è chiaro quale (e in che modo) sia. E’ mancata condivisione nella costruzione del Piano, rimasto praticamente segreto fino a qualche settimana fa; conseguenza di una mancata discussione pubblica su quello che è il più importante piano di investimenti a livello europeo e nazionale.

I numeri

Tra numeri e tabelle, balza all’occhio una forzatura: il PNRR (già dalla penultima bozza, invero) considera il ReactEU come strumento a parte ed ulteriore rispetto al più generale NextGenerationEU (NGEU). Infatti si sommano 210,91 miliardi ai 13 del ReactEU per complessivi 223,91. 

C’è da ricordare che, all’Italia, Bruxelles ha assegnato 209,7 miliardi su complessivi 750 del NGEU. 

Il ReactEU (47,5 miliardi) è in realtà uno degli strumenti del NextGenerationEU (insieme con il Dispositivo per la ripresa e la resilienza, 672,5 miliardi; il Fondo per una transizione giusta, 10; Fondo Sviluppo rurale, 7,5; InvestEU, 5,6; Orizzonte Europa, 5; RescEU, 1,9).

Di conseguenza, sul NGEU ci sono oltre 14 miliardi di troppo (cioè il 6,67% in più), rispetto a quanto assegnato dall’UE. Che, per questo, saranno quasi certamente tagliati.

Oltre quelli previsti dal NGEU, ci sono altri 87,95 miliardi di ulteriori fondi rivenienti da PON, FEASR e dalla programmazione dei nuovi fondi 2021-26.

Per quanto riguarda le 6 macroaree, la ripartizione dei fondi del NextGenerationEU (223,91 miliardi) è la seguente:

  1. Digitalizzazione, innovazione, competitività e cultura: 46,30;
  2. Rivoluzione verde e transizione ecologica: 69,80;
  3. Infrastrutture per una mobilità sostenibile: 31,98;
  4. Istruzione e ricerca: 28,49;
  5. Inclusione e coesione: 27,62;
  6. Salute: 19,72.

I fondi riservati ad ambiente, sviluppo sostenibile e cambiamento climatico (69,80 miliardi), sono circa il 31% dei totali pianificati (223,91), inferiori al 40% come invece da linee guida UE.

Su Sanità e Salute meno del 9% dei fondi complessivi.

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Le criticità

Nel testo solo poche righe circa la governance: “Il Governo, sulla base delle linee guida europee per l’attuazione del Piano, presenterà al Parlamento un modello di governance che identifichi la responsabilità della realizzazione del Piano, garantisca il coordinamento con i Ministri competenti a livello nazionale e gli altri livelli di governo, monitori i progressi di avanzamento della spesa”.

Secondo Tommaso Monacelli, ordinario di Economia all’Università Bocconi di Milano, il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza “così com’è la Commissione europea rimanderà indietro il documento. Ci sono diversi obiettivi il cui ritorno non è quantificabile e come tale non possono rientrare nel Recovery Plan. È il peggio della politica economica italiana.”

La Commissione europea, nelle sue linee guida per la stesura del piano, ha raccomandato di indicare progetti specifici, modalità di realizzazione, tempi e risultati attesi. Nel documento non si trova niente di tutto questo. Lo fanno notare anche dal Forum Disuguaglianze e Diversità: “la maggioranza dei progetti è priva dell’indicazione dei “risultati attesi” (in termini dei benefici per la popolazione). Assente tale chiarimento, l’utilità dei progetti non è giudicabile, né l’Unione europea potrà accettarli”.

Nel capitolo lavoro, “una lista della spesa”, commenta Maurizio Del Conte, professore di diritto del Lavoro alla Bocconi, “Come saranno fatte queste cose, quando e con quali priorità non lo sappiamo. E questo fa pensare che ci vorranno tempi lunghissimi e che è ancora tutto da costruire. Una bozza quadro che indica i capitoli di spesa, ma manca tutto il meccanismo di funzionamento della macchina nel suo complesso”.

In sintesi, serviva un Piano per le prossime generazioni. Sembra invece che servirà una nuova generazione per elaborare un Piano.

Al momento, il Recovery Plan nazionale dà i numeri e non sappiamo quale sarà e cosa resterà del NextGenerationEU per l’Italia, quasi come fossero gli anni ’80 di una nota canzone.

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