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Dal rapporto IPCC, i rischi climatici per Europa e Mediterraneo

Scienza e ambiente

Lo scorso 28 febbraio, è stato presentato il rapporto CLIMATE CHANGE 2022 – Impatti, adattamento e vulnerabilità, il secondo volume (WG2) del Sesto Rapporto di Valutazione dell’IPCC, la più aggiornata e completa rassegna scientifica sui cambiamenti climatici.

“Questo rapporto è un terribile avvertimento sulle conseguenze dell’inazione”, ha detto Hoesung Lee, presidente dell’IPCC. “Mostra che il cambiamento climatico è una minaccia grave e crescente per il nostro benessere e per un pianeta sano. Le nostre azioni di oggi determinano il modo in cui le persone si adattano e la natura risponde ai crescenti rischi connessi ai cambiamenti climatici”.

“Questo rapporto riconosce l’interdipendenza tra clima, biodiversità e persone e integra le scienze naturali, sociali ed economiche in modo più forte rispetto alle precedenti valutazioni dell’IPCC”, ha detto Hoesung Lee.

“Il rapporto sottolinea l’urgenza di un’azione immediata e più ambiziosa per affrontare i rischi climatici. Le mezze misure non sono più una possibilità”.

Gli esperti italiani di CMCC e IPCC Italia hanno spiegato il rapporto con i contenuti principali su Europa, Mediterraneo e Italia.

L’edizione 2022

Il gruppo di lavoro che si occupa di questo rapporto valuta lo stato delle conoscenze sugli impatti, l’adattamento e le vulnerabilità legati ai cambiamenti climatici. Nell’edizione 2022, che segue quella pubblicata nel 2014, l’IPCC ha svolto un lavoro che:

  • analizza gli impatti dei cambiamenti climatici, sia a scala globale che regionale, su ecosistemi, società, infrastrutture, settori produttivi, culture, città e insediamenti;
  • valuta vulnerabilità e rischi futuri sulla base di differenti scenari (definiti anche “percorsi” – pathways) di sviluppo socioeconomico, i cosiddetti Shared Socioeconomic Pathways – SSP;
  • valuta le opzioni di adattamento in atto, quelle future e la loro efficacia, fattibilità e limitazioni;
  • mostra come il successo dell’adattamento sia strettamente legato al livello di mitigazione e alla misura in cui vengono raggiunti gli obiettivi di sviluppo sostenibile (SDGs – Sustainable Development Goals).

Rispetto alle precedenti edizioni del Rapporto, l’IPCC presenta oggi un maggiore sforzo di integrazione tra le scienze naturali, sociali ed economiche, evidenzia il ruolo della giustizia sociale, delle conoscenze possedute da popolazioni indigene e comunità locali, e offre una riflessione sul fatto che, per affrontare con successo i rischi posti dall’aumento della temperatura media del pianeta, sia importante un’azione immediata e urgente. In molte regioni la capacità di adattamento è già notevolmente limitata. Se l’aumento della temperatura rispetto ai valori dell’epoca preindustriale supererà 1,5°C, questa capacità di adattamento risulterà ancora più limitata e avrà un’efficacia ancora più ridotta. Di conseguenza, adattamento e riduzione dei rischi sono strettamente collegati alla mitigazione del cambiamento climatico in atto, ossia alle soluzioni capaci di ridurre l’innalzamento della temperatura: maggiore sarà il riscaldamento del pianeta, più limitata e costosa sarà la capacità di adattamento.

Le 4 categorie di rischio per l’Europa

L’IPCC identifica quattro categorie di rischi-chiave per l’Europa. Il livello di ciascun rischio aumenta con l’aumentare del livello di riscaldamento globale. Se il livello di adattamento ai cambiamenti climatici rimane basso, questi rischi diventano più gravi con un riscaldamento di 2°C rispetto a un innalzamento della temperatura di 1,5°C.

Le quattro categorie di rischio sono:

  • Rischi delle ondate di calore su popolazioni e ecosistemi;
  • Rischi per la produzione agricola;
  • Rischi di scarsità di risorse idriche;
  • Rischi prodotti da maggiore frequenza e intensità di inondazioni.

Il Mediterraneo: impatti e rischi da cambiamenti climatici

La regione Mediterranea si è riscaldata e continuerà a riscaldarsi maggiormente della media globale, particolarmente in estate. Questo vale sia per l’ambiente terrestre che per quello marino, sia per le temperature medie che per le ondate di calore. La regione diventerà più arida per effetto combinato della diminuzione della precipitazione e dell’aumento dell’evapotraspirazione. Allo stesso tempo in alcune aree le precipitazioni estreme aumenteranno. Il livello del mare aumenterà seguendo l’aumento del valore medio globale. L’aumento sarà irreversibile e progressivo su scale plurisecolari.

La dimensione di tutti questi cambiamenti aumenta all’aumentare del livello di riscaldamento globale, ovvero più aumenta la temperatura media del pianeta, maggiori saranno gli impatti sulla regione mediterranea.

I rischi associati al cambiamento climatico previsto sono particolarmente elevati per le persone e gli ecosistemi nel bacino del Mediterraneo a causa della combinazione di vari fattori, tra cui:

● una popolazione urbana numerosa e in crescita, esposta alle ondate di calore, con accesso limitato all’aria condizionata;

● un numero elevato e crescente di persone che vivono in insediamenti colpiti dall’innalzamento del livello del mare;

● grave e crescente carenza idrica, già sperimentata oggi da paesi del Nord Africa e del Medio Oriente;

● crescente domanda di acqua da parte dell’agricoltura per l’irrigazione;

● elevata dipendenza economica dal turismo, che rischia di risentire dell’aumento del caldo ma anche delle conseguenze delle politiche internazionali di riduzione delle emissioni sui viaggi aerei e da crociera;

● perdita di ecosistemi marini, ecosistemi nelle zone umide, nei fiumi e anche nelle zone montane, molti dei quali sono già messi in pericolo da pratiche non sostenibili (es. pesca eccessiva, cambiamento dell’uso del suolo).

Il Mediterraneo: innalzamento del livello del mare

Il livello del mare nel Mediterraneo è aumentato di 1,4mm l’anno nel corso del XX secolo. L’incremento è accelerato alla fine del secolo e ci si attende continui a crescere in futuro a un tasso simile alla media globale, raggiungendo valori potenzialmente prossimi al metro nel 2100 in caso di un alto livello di emissioni.

L’aumento del livello del mare continuerà nei prossimi secoli anche nel caso le concentrazioni di gas serra si stabilizzino. L’innalzamento del livello del mare ha già un impatto sulle coste del Mediterraneo e in futuro aumenterà i rischi di inondazioni costiere, erosione e salinizzazione. Le coste sabbiose strette che sono di grande valore per gli ecosistemi costieri e per il turismo sono a rischio di scomparsa. L’adattamento include opere ingegneristiche (di varia scala) e sistemi soft/ecosistemici, oltre all’arretramento della linea di costa. Le opere ingegneristiche, nonostante la loro efficienza, hanno effetti negativi sugli ecosistemi, sull’attrattività turistica delle coste e sui costi economico-finanziari, che le rendono vantaggiose solo per zone densamente popolate. I sistemi soft/ecosistemici sono limitati dalla competizione con altre attività nell’uso del territorio. In molti paesi del Mediterraneo, la pianificazione non risulta prendere in considerazione la possibilità di marcati aumenti del livello del mare.

Il Mediterraneo: le risorse idriche

Nell’Europa meridionale il numero di giorni con insufficienti risorse idriche (disponibilità inferiore alla richiesta) e siccità aumenta in tutti gli scenari di riscaldamento globale. Nelle prospettive di un aumento della temperatura globale di 1,5°C e 2°C la scarsità idrica riguarda, rispettivamente, il 18% e il 54% della popolazione.

Analogamente, l’aridità del suolo aumenta con l’aumentare del riscaldamento globale: in uno scenario di innalzamento della temperatura di 3°C l’aridità del suolo risulta del 40% superiore rispetto a uno scenario con innalzamento della temperatura a 1,5°C. L’adattamento attuale si basa principalmente su strutture che assicurino la disponibilità e la fornitura di risorse idriche. L’efficacia di queste strutture sul lungo periodo è messa in discussione poiché creano un circolo vizioso in cui l’approvvigionamento idrico attira sviluppi che ne richiedono l’ulteriore aumento. Inoltre, nel caso di riscaldamento globale elevato, queste strutture potrebbero diventare insufficienti . L’adattamento può inoltre basarsi sulla gestione della domanda della risorsa idrica, con meccanismi di monitoraggio, restrizioni, tariffe, misure di risparmio ed efficienza, gestione del territorio. La maggior efficienza dell’irrigazione ha già ridotto la scarsità d’acqua, in particolare nelle regioni meridionali. Tuttavia, in presenza di elevati livelli di riscaldamento, misure di risparmio idrico e di efficienza potrebbero non essere sufficienti per contrastare la ridotta disponibilità della risorsa.

Qui il comunicato stampa per l’Italia e le spiegazioni integrali degli esperti italiani.

Fonte: CMCC, IPCC Italia

Immagine: un momento della presentazione del rapporto a Berlino

 

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